All’alba del primo giorno d’autunno si è fermato, dopo aver battuto per 91 lunghi anni, il cuore di Brunello Cerri, che della cura e della riabilitazione di quel muscolo aveva fatto la sua ragione di vita professionale.
Formatosi presso la Clinica Medica dell’Università di Pisa (ateneo nel quale si era laureato nel luglio del 1956) sotto la direzione del professor Gabriele Monasterio, mio padre, appena conseguita la libera docenza in semeiotica medica, approdò sulla sponda bresciana del Garda nel giugno 1965, per dirigere, nell’elegante cornice di villa Benvenuti a Fasano, l’ospedale per cardioreumatici aperto nel 1954 dal Pio Istituto “Santa Corona” di Milano. Sulle rive benacensi, tra gli altri, giunsero in gran quantità giovani pazienti affetti da malattia reumatica, per i quali venne predisposto un regolare servizio scolastico, uno dei vanti della struttura.
Tredici anni dopo, quest’ultima venne acquisita dagli Spedali Civili di Brescia. Brunello rimase primario e direttore sanitario del presidio creato in qualità di Struttura Dipartimentale di riabilitazione specialistica ad indirizzo cardiologico, la prima in Italia sotto siffatta classificazione e per numero di ricoveri. Con i suoi collaboratori medici, paramedici ed amministrativi, si occupò di riabilitazione fino al suo pensionamento, avvenuto nel 2002.
Migliaia di operati, provenienti dapprima dall’Istituto de Gasperis di Milano, quindi da gran parte delle cardiochirurgie italiane, e un numero altrettanto vasto di infartuati dimessi dalle unità coronariche sparse nel nostro Paese risentirono dei benefici della lungodegenza riabilitativa in un contesto ambientale che, oltre al miocardio, cercava di rimettere in sesto la mente.
Con il rammarico di non averne goduto a sufficienza la presenza tra gli affetti familiari, sapevo che mio padre si relazionava con i suoi pazienti con l’umanità che non gli fece mai difetto, tenendo personalmente ogni settimana un pomeriggio di informazioni e consigli sulla nuova vita del riabilitato.
Mi veniva raccontato che soleva aggirarsi tra i letti del presidio aggiungendo alle indicazioni terapeutiche citazioni del suo poeta preferito, Giosuè Carducci, a cui lo legava il comune amore per l’Alta Maremma, e di altri classici che ricordava dai tempi del liceo pisano. Quando ho trovato babbo Brunello (con denominazione rigorosamente toscana) per l’ultima volta con la testa reclinata sul torace, oggetto di tante sue auscultazioni, “con un abbandono più forte del sonno“, per dirla con il Manzoni, ho dovuto constatare che aveva smesso definitivamente di funzionare il meccanismo complesso e mai perfetto che l’orologiaio nativo di Bibbona aveva messo a punto per molti suoi assistiti.
Il cuore del riabilitatore di Fasano si è dunque arreso docilmente il 21 settembre 2023 nella zona che lo aveva adottato e che lo aveva fatto conoscere ad un’infinita serie di malati, parenti e colleghi medici.
Giovanni Cerri