Lei ha 83 anni lui 87. Entrambi insegnanti in pensione, hanno due figlie. Una, la più giovane, separata, abita in un appartamento adiacente a quello dei genitori, è questa che operativamente soddisfa le chiamate dei genitori, è lei che li accompagna in ambulatorio; la seconda, sposata, abita a Forlì.
Entrambi i “pazienti” hanno sempre goduto di sostanziale buona salute, nessun acciacco grave, nessuna patologia ha minato la loro autosufficienza in modo rilevante. Da quando sono in pensione hanno mantenuto una vita intellettuale e relazionale attiva, usano la posta elettronica, mantengono una ricca corrispondenza con la figlia lontana e soprattutto con i quattro nipoti sparsi nel mondo (Dubai, Bangkok, Philadelphia, Berlino).
Da poco più di un anno la coppia ha cominciato a manifestare qualche défaillance. La mamma non vuole più cucinare, non ha più voglia di uscire di casa, di parlare con le persone, non ha voglia di fare nulla. Lo squillo del telefono le mette ansia. Passa la maggior parte della giornata seduta al computer o sul divano. Il padre da sei mesi non guida l’auto pur avendo la patente ancora valida. Dopo un’innocua sbadataggine occorsa su una strada vicino a casa la moglie gliel’ha impedito categoricamente, con ricatto morale. Ha dovuto assecondarla, ma gli pesa molto, l’auto era la sua protesi vitale, la sua autonomia.
La figlia che fa da supervisore ogni volta vuole qualche consiglio sull’atteggiamento da tenere. Cosa dire e rispondere alla mamma, cosa invogliarla a fare o limitarle di fare, se sgridarla o usare dolcezza e compassione. Come comportarsi di fronte al desiderio di riprendere la guida del papà: assecondare la legittima voglia di libertà di lui (che guai potrebbe mai provocare, dopo tutto, in quel tragitto di trecento metri che va da casa loro al supermercato o al cimitero?) o sedare il loro, della madre e delle figlie, bisogno di tranquillità e sicurezza?
I genitori sono sempre più dipendenti da lei, per ora solo psicologicamente, e spesso ha dubbi sul come comportarsi.
Anche questa visita va bene, ascolto, interrogo, chiarisco, stempero, gli argomenti sono da tempo maturati per conoscenza ed esperienza, do risposte che ritengo esaustive, consigli generalmente ponderati.
Entrambi, la figlia e io, potremmo essere soddisfatti, ma entrambi sappiamo che appena a casa, l’altra, la figlia di Forlì, telefonerà per sapere della visita e per sgravarsi dal senso di colpa dell’essere lontana dirà il suo parere, generalmente diverso da quello elaborato da me e dalla sorella che quotidianamente assiste i genitori. Non sa, non conosce, smonterà il lavoro fatto. Inizierà per noi l’ennesimo lavoro di riparazione.
Figlie di Forlì, se non avete guadagnato i titoli sul campo della quotidianità, astenetevi dal dire la vostra, dal dare consigli.