Il tema del linguaggio di genere è dibattuto ma sempre più attuale.
Proponiamo qui due diversi punti di vista declinati in ambito medico.
Garbate dissonanze
di Gianpaolo Balestrieri, Direttore di Brescia Medica
“Le parole sono importanti” dice un Nanni Moretti molto arrabbiato in Palombella rossa (1989). Importanti sono anche il suono, l’armonia delle parole. Medica (ma anche avvocata, ingegnera, assessora, sindaca) le ascolto e le leggo avvertendo (garbatamente) una dissonanza. Frutto di un riprovevole androcentrismo linguistico, figlio di secoli di dominanza maschile nelle professioni e negli incarichi istituzionali?
Può essere. Perfino la Crusca ammette “medica” come lemma da accogliere nella lingua italiana parlata e scritta. E tuttavia la Crusca stessa ci rammenta come nella nostra lingua genere grammaticale e genere naturale non coincidano affatto, come del resto in molte altre lingue.
La forzatura grammaticale del genere (con la desinenza a) mi pare più una forzatura ideologica in omaggio al “politically correct” che un avanzamento della parità di genere.
Forzatura poco accettata, a quel che vedo, dalle donne stesse. “La Drssa Rossi è un bravo medico” mi pare una frase che privilegia la figura professionale e prescinde dal genere grammaticale.
E poi, come nei lontani anni Settanta quando proliferavano gruppi e gruppuscoli che si ponevano ciascuno un po’ più a sinistra degli altri, la desinenza finale può dover essere un asterisco, per non offendere nessuno, oppure l’oscuro (per me) schwa.
Solo nella scrittura, per fortuna, non avendo questi simboli un corrispettivo fonetico.
Ribadisco, in conclusione, il mio consapevole conservatorismo linguistico. E infine mi chiedo: in un tempo segnato da minacce vicine (sopravviverà il SSN?) e internazionali (due guerre sanguinose in Europa e Medio Oriente) occuparsi di questi temi non ci ricorda i teologi bizantini che discutevano in Santa Sofia su quale fosse il sesso degli angeli mentre Maometto II e i suoi giannizzeri espugnavano Costantinopoli?
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Un linguaggio inclusivo non è un gioco linguistico
di Annalisa Voltolini, Coordinatrice Commissione Medicina Genere Specifica e Commissione Medicine Complementari dell’Ordine dei Medici di Brescia
Ragazze, oggi in numero maggiore, e ragazzi si laureano in Medicina e Chirurgia ed iniziano la professione medica: studentesse e studenti diventano mediche, o dottore e medici, o dottori.
Stiamo parlando della stessa professione declinata al maschile o al femminile a seconda del genere della persona a cui ci riferiamo.
In greco, iatér, medico, aveva il femminile iatria ed in latino, medicus, declinava al femminile medica.
Le donne che praticavano la cura, pur non essendo laureate, nel medio evo e oltre, venivano chiamate medichesse, con una connotazione dispregiativa.
In Italia le prime donne laureate in Medicina, alla fine del 1800, venivano chiamate donne medico ed infatti così si chiamò l’associazione italiana nata nel 1921.
Nel periodo fascista le mediche vennero chiamate medichesse (guarda caso, siamo in pieno patriarcato).
Da alcuni anni il femminile di parecchie professioni è entrato nell’uso comune e non “scandalizza” più sentire sindaca, ministra, avvocata etc.. Sentire dottora o medica sembra dissonante, perchè è una terminologia ancora poco usata.
Ma le parole sono pietre ed attraverso il linguaggio rappresentiamo la realtà in cui viviamo, e, attraverso le parole, contribuiamo a consolidarla o a modificarla, cioè mediante l’uso corretto delle parole possiamo confermare gli stereotipi o metterli in discussione e scardinarli.
L’uso corretto del genere grammaticale nel linguaggio riguarda i temi delle pari opportunità e del contrasto alle discriminazioni, è un modo concreto di raggiungere e rafforzare l’uguaglianza di genere e favorire il rispetto delle differenze.
Un linguaggio inclusivo sotto il profilo del genere e rispettoso di esso, va quindi ben oltre il concetto di “politicamente corretto” e non è un gioco linguistico.
Negli ultimi anni l’Accademia della Crusca ha sottolineato come un uso non sessista e non discriminatorio dell’Italiano sia possibile senza forzature, ma semplicemente ponendo attenzione a ciò che si dice e si scrive ed utilizzando il genere grammaticale secondo le normali regole della nostra lingua.
Recentemente anche il dizionario Treccani ha introdotto il termine medica.
Il nostro Ordine dei Medici è impegnato a favore dell’uguaglianza di genere e della non discriminazione fondata sul genere. L’uso di un linguaggio sensibile al genere è una delle modalità con cui si può esplicare tale impegno.