La giornata è stata faticosa. Fa caldo nonostante l’aria condizionata. Mi sono svegliato più presto del solito per quella che avrebbe dovuto essere un’urgenza, ho visto i pazienti in corsia e fatto riunioni fino all’una, ho partecipato all’abituale seminario del venerdì, pur molto interessante, ma con difficoltà sono riuscito a tenere completamente gli occhi aperti, e infine l’ambulatorio “privati”.
L’ultima visita è programmata alle diciotto e trenta, ma lei, la paziente, è seduta in sala d’aspetto dalle cinque (la vedo accogliendo quelli programmati prima di lei e accompagnandoli alla porta a fine visita, ricorda la terribile Therese di “Auto da fe”!).
Ha 75 anni. È col marito, elegante, signore di bell’aspetto. Nonostante l’estate indossa un golf di lana pesante verde bottiglia lavorato a mano e decorato con fiori dai colori vistosi; sfoggia una stravagante acconciatura, se non fosse evidente la crescita grigia alla discriminatura si potrebbe pensare a una vecchia parrucca.
Non riesco a farla accomodare e chiederle il motivo della visita ché già sono sommerso dal racconto della sua insonnia, ne soffre da più di quarant’anni, vorrebbe dormire, se lo facesse la sua vita cambierebbe, ma nessun medico l’ha ascoltata come avrebbe dovuto, nessuna terapia finora le è stata utile, in verità non ha mai preso alcun farmaco, teme “i” psicofarmaci, non vuole abituarsi, vorrebbe dormire qualche ora, interrompere i pensieri negativi della salute delle sorelle, che qualsiasi cosa dicano lei sente come propria, se ne preoccupa e quindi non dorme. Non dorme. Ripete questa litania in continuazione, un disco rotto, un martello pneumatico, per più di mezz’ora.
Sono troppo stanco. Mi salva l’allenamento più che trentennale, che trattiene anche la voglia di ridere per quella improbabile acconciatura.
Stasera solo un “Negroni” potrà conciliarmi con la normalità.