Ha 90 anni, vedovo, ha sei figli, da circa un anno è completamente dipendente e vive al proprio domicilio con una badante e con la supervisione continua dei familiari.
Il paziente è al quarto ricovero ospedaliero in due mesi ed è evidente che l’assistenza fino ad oggi erogata non è più in grado di dargli quello di cui ha bisogno.
I figli sono persone semplici, brava gente, chiedono frequentemente di parlarmi, singolarmente, ma tra loro non comunicano come dovrebbero e potrebbero, sono confusi, non condividono il da farsi.
È necessario chiarire quali siano le loro aspettative sulla salute del papà, se ragionevoli e quale ritengano debba essere il luogo di cura più appropriato una volta dimesso. Li convoco e come atteso all’incontro partecipano in otto: le quattro figlie i due figli… e le mogli di questi.
Mentre le femmine, ogni femmina esprime la propria opinione le osservo e credo di comprendere non solo la difficoltà, la fatica morale, ma anche la complessità della decisione da prendere. Ognuna vuole esprimere le propria convinzione, ma al contempo teme di essere giudicata.
La figlia che ho davanti (probabilmente “sposata bene”, indossa un’elegante camicetta e ha una borsa costosa), vorrebbe che il papà continuasse ad essere assistito a casa e dice che potrebbe essere utile assumere un’altra badante e potenziare l’assistenza infermieristica; anche quella che le sta a fianco, vestita più semplicemente e immagino con reddito inferiore, sostiene che i benefici della casa sono fondamentali, ma dice anche che con uno sforzo maggiore di tutti si potrebbe continuare come si è fatto finora (presumo non disponga di altri 250 euro necessari ogni mese per contribuire alla retta del padre in un istituto o per un’altra badante); una terza dichiara apertamente di non essere in grado di fare più di quanto sta facendo, è separata, ha due figli da far studiare, il suo ex marito non le dà alcun contributo e lei non ha denaro se non per sopravvivere. Una nuora invece sostiene che l’assistenza a casa è stata fallimentare, tant’è che ci si ritrova a parlarne oggi dopo quattro difficili ricoveri, e che bisogna pensare definitivamente ad una Residenza Sanitaria Assistenziale… mentre parlano immagino anche i pensieri inespressi, altrettanto legittimi sebbene più materiali, come il bisogno di vacanze, di domeniche libere, di vita normale.
Provo a trovare una mediazione tra le diverse opinioni e desideri e penso pure al mio paziente che, anche se in modo elementare, percepirà il suo essere d’ingombro in questa fase terminale della vita e che forse, per questo, desidera togliere il disturbo.