È venuta accompagnata dalla figlia. La cura della persona, il colore del rossetto intonato a quello del golf, l’ordine della pettinatura stridono col viso sofferente, con la malinconia dell’occhio.
Inizia a raccontare i suoi mali fisici, la perdita di peso, la stanchezza, la lentezza, l’insonnia, ma presto il discorso va al male morale: tutto il racconto ruota attorno ai temi della tristezza. Parla per allusioni, capisco che vorrebbe dire, ma non può, per la presenza della figlia e ancor più, credo di intuire, per il timore di riandare a un tempo dolorosissimo.
A quarant’anni qualcosa di grave deve essere successo. Forse un errore e una colpa. Venne meno a un impegno contratto con il matrimonio cercando di affrancarsi da un destino segnato di infelicità?
Da allora la sostanziale rottura col marito. Non più una gentilezza (c’era mai stata?), una carezza, una coniugale manifestazione di interesse.
L’altro giorno era seduta sul divano con gli occhi pieni di lacrime. Suo marito l’ha guardata e poi alla finestra ha guardato Lola, la loro cagnetta; “è ora di metterle il cappottino”, ha detto “comincia a fare freddo”.
Attende un gesto d’affetto che non c’è mai stato, che non verrà.