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Notiziario dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Brescia – aut. Tribunale di Brescia n. 195/1962

L’emergenza climatica e il ruolo dei medici

Pillole Green

Iniziamo oggi la pubblicazione periodica di Pillole Green che riguardano i “micro” interventi in ambito sanitario per contribuire a salvaguardare l’ambiente e il clima. Le Pillole sono a cura dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bergamo, con cui volentieri avviamo questa collaborazione.

Pillola n.1/ L’emergenza climatica e il ruolo dei medici

di Antonio Bonaldi

Che il clima stia cambiando ne siamo tutti consapevoli, basta guardarsi intorno. Gli inverni sono più miti e le estati più calde, sulle nostre montagne i ghiacciai sono quasi scomparsi e i laghi sono semi-vuoti; le nevicate sono diminuite, semine e fioriture sono anticipate e gli agricoltori sono in costante allarme per la siccità.

Quelli che osserviamo, sono però solo gli aspetti locali di un fenomeno ben più consistente. In effetti, a partire dal XIX secolo, a causa delle attività umane e del massiccio impiego di combustibili fossili, la temperatura media terrestre è aumentata più velocemente che in qualsiasi altro periodo degli ultimi 800.000 anni. Il nostro pianeta sta diventando sempre più caldo e ciò innesca una serie di cambiamenti nell’aria, nella terra, negli oceani e nei ghiacci, che sta compromettendo in modo diffuso e difficilmente reversibile il delicato equilibrio degli ecosistemi terrestri.

A causa di tali cambiamenti eventi metereologici estremi, quali alluvioni, uragani, siccità, ondate di calore e incendi boschivi, con il tragico carico di morte, di dolore e di distruzione che li accompagna, sono destinati a diventare sempre più intensi, più diffusi e più frequenti.

Lo scorso anno, la prestigiosa rivista medica inglese “Lancet”, sulla base dei dati raccolti dall’International Panel on Climate Change (ICPP), il gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha dichiarato l’emergenza climatica la più grave minaccia per la salute dell’uomo e per la sopravvivenza della specie. Mentre Antonio Guterres, l’attuale segretario delle Nazioni Unite, esorta i capi di stato e di governo ad intervenire con sollecitudine perché l’umanità si trova oggi di fronte ad un drammatico bivio: un’azione collettiva o un suicidio collettivo. La decisone è nelle nostre mani.

Tuttavia, nonostante il precipitare della situazione e i continui, accorati richiami della scienza, il mondo rimane sostanzialmente indifferente. Pochi sembrano avvedersi della grave minaccia che incombe sul destino dell’umanità e le risposte adottate sono flebili e scoordinate. Ci comportiamo più o meno come i passeggeri del Titanic prima dell’impatto con l’iceberg: spensierati e allegri corriamo verso il baratro.

D’atra parte quello che bisogna fare per contenere entro il 2050 il riscaldamento medio globale nei limiti di 1,5° C rispetto ai valori pre-industriali, come indicato negli accordi di Parigi del 2015, è noto da tempo. Sull’argomento ci sono molti autorevoli documenti internazionali che descrivono in modo minuzioso le azioni che dovremmo intraprendere per mitigare l’impatto delle attività umane sul clima. La catastrofe può essere ancora scongiurata ma il tempo che rimane è molto poco e non ammette ulteriori ritardi. Occorre avviare con urgenza una serie di azioni concrete che devono coinvolgere tutti: dai potenti della terra fino all’ultimo dei comuni cittadini. Ciascuno è chiamato a fare la propria parte, ma bisogna essere consapevoli che le scelte dipendono da noi e che trattandosi della salute i medici hanno una doppia responsabilità.

In effetti, considerate le ricadute sulla salute, i medici dovrebbero essere particolarmente sensibili ai richiami della scienza. Ricordiamo in proposito che il settore sanitario contribuisce con il 4-5% al complesso delle immissioni in atmosfera di CO2. Un valore non trascurabile, pari al doppio delle emissioni attribuite al trasporto aereo mondiale. Un valore che colloca la sanità al primo posto tra i diversi settori afferenti ai servizi.

Le azioni che si possono intraprendere per ridurre l’impronta ecologica connessa con l’erogazione dei servizi sanitari senza compromettere la quantità e la qualità delle cure sono molte e riguardano tutti i professionisti che operano nel campo della salute. Ecco qualche esempio. Migliorare l’efficienza energetica delle strutture dedicate all’erogazione dei servizi sanitari; limitare i trasferimenti dei pazienti attraverso iniziative di telemedicina e sistemi di comunicazione digitale; ridurre i volumi dei rifiuti sanitari, limitando per esempio l’impiego di dispositivi monouso quando non strettamente necessari per la sicurezza dei pazienti e degli operatori; promuovere un’alimentazione sana e sostenibile; contenere l’inquinamento ambientale da farmaci e gas anestetici, scegliendo farmaci e modalità di somministrazione con minor impatto sull’ambiente; migliorare l’appropriatezza delle cure riducendo le prestazioni sanitarie inappropriate che, oltre ad avere un impatto negativo sull’ambiente, consumano da sole il 20% delle risorse dedicate alla sanità. Si pensi a questo riguardo che anche un semplice esame del sangue produce CO2 e contribuisce ad aumentare il riscaldamento terrestre. Per esempio, mille test del sangue (formula, emoglobina, ematocrito) producono l’equivalente in CO2 di 700 chilometri percorsi in automobile, mentre una singola risonanza magnetica produce l’equivalente in CO2 di un auto che percorre 145 km.

Insomma, le cose da fare sono tante e la maggior parte possono essere realizzate fin da subito e con relativa facilità. Occorre, però, essere consapevoli del problema, informarsi, imparare a valutare le conseguenze delle nostre decisioni anche dal punto di vista dell’ambiente, cercando ogni volta di adottare le alternative più opportune. Se ci abituiamo a prestare attenzione a questo problema ci rendiamo conto che le occasioni per intervenire sono innumerevoli e soprattutto che ridurre le emissioni si può e che farlo contribuisce anche a migliorare la qualità delle cure.

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