Recentemente è stato firmato dal ministro della Salute e dalla Ministra dell’Università e della Ricerca il decreto di attuazione del Piano Formativo Nazionale per la Medicina di genere ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 3 recante “Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale”, legge che pose e pone l’Italia all’avanguardia in Europa nel campo della Medicina di Genere.
Con questo ultimo importante ed atteso decreto si completa l’iter di attuazione della L. 3/18 , iniziato con l’adozione del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere nel giugno del 2019 (comma 1) e proseguito nel settembre 2020 con l’istituzione, presso l’Istituto Superiore di Sanità, dell’Osservatorio dedicato alla medicina di genere (comma 5) col compito di monitorare l’attuazione delle azioni di promozione, applicazione e sostegno alla medicina di genere previste dal Piano stesso.
Il Piano Formativo integra quanto già sancito dal Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere in materia di formazione e ha lo scopo di fornire indicazioni sulla formazione in medicina di genere, definita dall’OMS come lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e di quelle sociali, economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Costruire la salute pensando al genere significa attuare un modello di appropriatezza e personalizzazione delle cure, più equo e sostenibile. La dimensione di genere nella salute non è solo una necessità di metodo e di analisi, ma è anche uno strumento di governo e governance di sistema: rendere centrale l’approccio di genere e costruire un punto di vista qualificato sulla salute di donne e bambine e uomini e bambini, per arrivare all’equità ed alla salute di tutte e tutti. I professionisti sanitari e le aziende sanitarie non possono esimersi dal considerare che una prospettiva di genere all’interno delle attività di prevenzione e dell’erogazione delle cure mediche e dello sviluppo delle politiche sanitarie, migliori la salute non solo delle donne, ma anche degli uomini, assicuri un miglior e più appropriato utilizzo delle risorse ed accresca la sostenibilità e la sicurezza delle cure.
Le attività di formazione e aggiornamento in medicina di genere hanno come obiettivo quello di rendere consapevoli e competenti gli operatori sanitari in ordine all’impatto del sesso e del genere sulla salute, sul rischio e decorso delle malattie, sulle differenti scelte terapeutiche e sul benessere psicofisico, al fine di garantire appropriatezza ed equità delle cure, un’efficace attività di prevenzione, il contrasto alle disuguaglianze di accesso ai servizi e la prevenzione e/o riduzione degli errori sanitari.
L’esigenza di questo nuovo approccio, da includere in tutte le specialità mediche e trasversale a tutte le professioni sanitarie, nasce dalla crescente consapevolezza dell’impatto delle differenze associate al genere, oltre che al sesso, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, sulla salute e dal numero crescente di studi ed evidenze scientifiche centrati su di esse, con il fine ultimo di garantire ad ogni persona, in tutte le età della vita, la migliore cura, rafforzando ulteriormente il concetto di “centralità del paziente” e di “personalizzazione delle terapie”.
Il sesso e il genere interagiscono influenzandosi a vicenda. Nel loro insieme rappresentano determinanti di salute molto potenti poiché influenzano l’eziopatogenesi di molte patologie, il vissuto delle stesse e la compliance terapeutica, fino all’impatto della malattia sul rapporto tra la persona e il contesto sociale ed alla relazione di cura.
L’attenzione per una medicina che tenesse conto delle differenze di genere, superando la storica impostazione androcentrica, si affacciò negli anni ottanta con la stipula da parte dell’ONU di una convenzione volta all’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne.
Negli anni successivi diversi altri organismi internazionali, quali l’OMS e la Comunità Europea, intervennero con azioni specifiche volte a porre l’attenzione alle differenze di genere.
Fu nel 1991 che per la prima volta venne menzionata in medicina la “questione femminile”. La dr.ssa Bernardine Healy, cardiologa americana, pubblicò un editoriale sul New England Journal of Medicine nel quale evidenziava la differente gestione della patologia coronarica nei due generi, con un approccio clinico-terapeutico discriminatorio e insufficiente per le donne.
Nacque così la medicina di genere.
Nel 2014 l’OMS identificò il genere come tema imprescindibile della programmazione sanitaria.
In Italia, l’attenzione alla Medicina di Genere si manifestò per la prima volta nel 1998 a livello di Ministeri per le Pari Opportunità e della Salute; nel 2011 l’AIFA formalizzò il “Gruppo di Lavoro su Farmaci e genere”; nel 2017 venne istituito presso l’ISS il “Centro di Riferimento per la Medicina di Genere” che svolge attività di ricerca biomedica, di formazione e comunicazione, oltre che attività istituzionale in un’ottica di genere. L’ISTAT recentemente ha introdotto la “sesso-stratificazione” come strumento metodologico per l’analisi dei dati epidemiologici. Nel 2020 la Commissione nazionale per la formazione continua ha indicato come tematica di interesse nazionale la medicina di genere.
In Regione Lombardia la prima delibera in materia di Medicina di Genere è del dicembre 2013 e nel gennaio 2021 è stato costituito il GAT: gruppo di approfondimento tecnico sulla Medicina di genere per promuovere e coordinare le azioni a livello territoriale.
A Brescia nel 2017 è stato fondato il Centro documentazione e informazione sulla salute di genere e presso l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri è stata istituita la Commissione Medicina Genere specifica che ha prodotto un sondaggio sulla conoscenza della Medicina di genere e numerosi convegni di aggiornamento su diverse tematiche (farmacologia, dolore, età di mezzo, long COVID, intelligenza artificiale, nutrizione e sostenibilità ambientale) affrontate nella prospettiva di genere.
La necessità che la medicina di genere entri a far parte a pieno titolo dei percorsi formativi di ogni ordine e grado, nonché della formazione continua dei professionisti, è convinzione irrinunciabile e condivisa dalla comunità scientifica, per il miglioramento professionale, per trasferire i risultati della ricerca e far progredire le conoscenze ed è il presupposto per la corretta applicazione della medicina di genere.
L’applicazione delle conoscenze delle differenze tra uomini e donne nella prevenzione, nella diagnosi e nella terapia farmacologica, chirurgica e fisica di tutte le patologie, rientrano nell’ambito dei doveri etici.
Gli Ordini professionali sanitari sono tra i soggetti coinvolti quali erogatori di formazione ed aggiornamento post laurea e, per la loro capillare diffusione sull’intero territorio nazionale, rivestono un ruolo di cruciale importanza.
La formazione attuerà un mainstreaming di genere, inteso come trasversalità della tematica a tutti gli ambiti e a tutti i livelli del SSN includendo elementi che riguardino la programmazione, l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari, dato che le differenze di sesso e genere impattano non solo su aspetti fisio-patologici, ma anche su aspetti connessi all’accesso alle cure.