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Notiziario dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Brescia – aut. Tribunale di Brescia n. 195/1962

Desiderio, amore coniugale, la domanda di aiuto del caregiver

La figlia ha telefonato più volte alla segretaria chiedendo di potermi parlare prima della visita, deve dirmi alcune cose che altrimenti davanti al papà non riuscirebbe a dire. Molti figli dei miei pazienti anziani hanno questo desiderio, ma la segretaria ha l’ordine di filtrare le richieste e verificarne la reale necessità, dovrei allungare ulteriormente il tempo di visita e nella stragrande maggioranza dei casi i problemi riguardano i figli, più che i genitori. Abitualmente, anche con le situazioni più delicate, riesco a cavarmela abbastanza bene nella mezz’ora canonica della visita.

Ugualmente al momento della visita ambulatoriale riesce a entrare prima del padre chiudendo con decisione la porta dietro le spalle. È una donna di età indefinibile, certamente ha meno di sessant’anni viste quelle dei genitori; magrissima, intuisco soffra di qualche malattia che non so però identificare (genetica?), e, nonostante l’irruenza dell’entrata, quando inizia a parlare dimostra un tratto mite e gradevole.

Con imbarazzo dice che il problema riguarda entrambi i genitori che lei accudisce. Il padre ha 85 anni, è “cognitivamente integro” e solo parzialmente limitato nei movimenti a causa di un’artrosi delle ginocchia; la madre ne ha 80 e da circa 10 soffre di malattia di Alzheimer, ora grave e con disturbi del comportamento.

Il padre la notte cerca frequentemente una relazione intima con la moglie; quando succede lei interrompe il sonno e diventa inquieta e ingestibile fino al mattino seguente. Mi implora di aiutarla, perché la situazione è diventata insostenibile dovendo anche lei, figlia, stare sveglia con la madre. Fa tenerezza quando dice di comprendere il papà “dopo tutto sono marito e moglie, si sono sempre voluti bene”, ma ora non ce la fa più.

Faccio entrare e accomodare il paziente e raccolgo le informazioni. Poi dico di spogliarsi; lo fa a fatica. Sale lentamente sul lettino, lo visito accuratamente, mi soffermo sugli arti inferiori, evoco i riflessi, gli chiedo di camminare.

Concludo la visita facendoli sedere; dopo un’occhiata d’intesa alla figlia mentre scrivo sul ricettario dico proditoriamente ad alta voce: “per il dolore delle ginocchia le prescrivo delle goccine; ne prenda 10 ogni sera e vedrà che il dolore passerà” e, a voce bassa, “anche lei e sua madre dormirete molto bene”.

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