La storia è raccontata dalla sorella che l’ha portato a forza, il paziente non vuol parlare.
Ha 72 anni, è nato da parto prematuro a cui è seguita una modesta disabilità intellettiva; ha sempre lavorato come magazziniere e autista nella piccola impresa di famiglia gestita dall’altro fratello maggiore, si è sposato e attualmente è in pensione; la moglie è sordomuta. Ha condotto una vita semplice, senza grossi intoppi, fino alla morte del fratello, il titolare dell’impresa, cui era molto affezionato e che di lui si è sempre preso cura.
Circa tre mesi dopo il decesso ha iniziato a lamentarsi per un “tremolio interno” e a dire di essere instabile a camminare (di una instabilità che la sorella non ha però mai notato). È diventato inquieto, intollerante, preoccupato dei suoi sintomi che sono prevalenti appena dopo il risveglio e nel tardo pomeriggio. Dorme poco. È stato visitato più volte dal medico di medicina generale, ha fatto esami. In almeno tre occasioni la sorella ha dovuto raggiungerlo nottetempo e portarlo in pronto soccorso temendo l’esordio di una grave malattia fisica. I diversi accertamenti sono però tutti risultati nei limiti. Ha risposto inizialmente bene al trattamento con un tranquillante (una benzodiazepina), prescritto dal collega neurologo in una prima visita, ma ora l’efficacia del farmaco è di poco conto. La sorella è convinta che le crisi notturne siano accessi d’ansia, vorrebbe però escluderne una causa fisica.
Da quanto posso capire dalla documentazione che mi portano una malattia fisica è improbabile.
Non parla, l’esame obiettivo è negativo.
Il paziente però dopo le ripetute sollecitazioni a dire come sta, a spiegarsi, biascica quasi incomprensibili “è colpa mia”, “se è morto è colpa mia”, “sono stato io”, “dovevo aiutarlo”. A fare cosa? Che colpe può avere una persona così mansueta? Come posso capire quali fantasmi gli popolino la testa? posso forse intuire, è indubbio che soffra.
Le mie idee sono forse un po’ più chiare, cerco di tranquillizzarlo con parole molto semplici e rassicuranti e chiedo alla sorella se sarà in grado di controllare la corretta assunzione di una nuova terapia, che dovrebbe toglierli qualche “pensiero cattivo”, non fidandomi delle capacità di cura della moglie di lui. Programmo una visita di controllo dopo due settimane.