Il capitale biologico – Le conseguenze sulla salute delle diseguaglianze sociali, di Luca Carra e Paolo Vineis. Recensione a cura di Gianpaolo Balestrieri
La prevalenza del diabete mellito a Torino raddoppia dai quartieri ricchi ai piedi della collina rispetto alle periferie povere a nord della città. A Londra, partendo dalla stazione di Westminster della metropolitana e prendendo la Jubilee line in direzione est, la speranza di vita della popolazione locale diminuisce di un anno ogni due fermate.
Disuguaglianze sociali e stato di salute. Il tema è affrontato da Luca Carra, giornalista scientifico e Paolo Vineis, epidemiologo, in una prospettiva ampia, storica e scientifica, che getta un ponte tra un approccio sociologico ed uno biologico al problema.
Disuguaglianze tra paesi a diverso reddito, disuguaglianze all’interno di ciascuno stato. Disuguaglianze non solo riguardo al reddito (capitale economico), ma riguardo l’istruzione (capitale culturale) e la rete di relazioni (capitale sociale), riguardo l’habitus, il modo con cui gli individui percepiscono la società che li circonda e reagiscono ad essa sviluppando categorie mentali, abitudini, passioni.
Questi fattori ambientali, molto più che la componente genetica, influiscono su quello che gli autori chiamano capitale biologico, il modo in cui l’organismo reagisce agli stress ambientali con meccanismi adattativi più o meno efficaci o dannosi, attraverso modifiche epigenetiche (metilazione del DNA ad es.). Quando la pressione stressoria è eccessiva si innesca una cascata di eventi metabolici che conducono ad uno stato di “infiammazione permanente” responsabile di patologie endocrine, cardiovascolari, neoplastiche.
Alcuni studi epidemiologici di coorte hanno evidenziato come le condizioni sociali e lavorative condizionino lo stato di salute. Nello studio Whitehall 2 condotto su funzionari della pubblica amministrazione londinese dai 35 ai 55 anni, seguiti dal 1985 in poi, si è evidenziato che una serie di condizioni cliniche, dal diabete fino alla mortalità precoce, siano correlate ai livelli inferiori della gerarchia lavorativa, al basso controllo del proprio lavoro, all’isolamento del singolo lavoratore dagli altri colleghi. L’alta domanda e lo stress conseguente sono invece più accettabili dai livelli alti della gerarchia.
Le misure suggerite da Whitehall 2 per ridurre il danno vedono tra l’altro un maggior coinvolgimento dei dipendenti nelle decisioni aziendali, una riorganizzazione del lavoro che accresca il senso di autonomia e di controllo dei dipendenti ed aumenti le ricompense e i salari più che ridurre l’impegno lavorativo, favorendo il supporto sociale fra colleghi.
Forse queste misure, mi viene da pensare, potrebbero venire incontro anche allo stress ed al burn out medico del nostro tempo.
Non solo la povertà quindi, ma una serie complessa di fattori che agiscono lungo tutta la traiettoria di vita (gli autori sottolineano l’importanza degli eventi avversi in età pediatrica, dall’abbandono agli abusi) determinano l’accelerazione o la decelerazione dell’età biologica rispetto a quella cronologica.
Quali siano gli interventi più efficaci per determinare un miglioramento della qualità di vita non è a tutt’oggi chiaro dagli studi empirici, molto limitati, condotti fino ad oggi.
La complessità delle reti causali, biologiche e sociali (al tema della causalità in medicina gli autori dedicano un elegante approfondimento epistemologico) rende difficile una scelta certa di priorità. Questo tuttavia, come suggerisce nell’introduzione Giuseppe Costa, epidemiologo torinese, non può essere un alibi per non combattere le disuguaglianze di salute dall’infanzia alla scuola, ai luoghi di lavoro, al sistema sanitario.
Luca Carra
Paolo Vineis
Il capitale biologico
Le conseguenze sulla salute delle diseguaglianze sociali
Codice edizioni, Torino 2022, pag. 157, euro 16