Un sabato mattina d’estate. In bermuda e maglietta sta ripitturando il timone della sua caravan. Moglie e figli caricano le ultime cose. La vacanza è già cominciata. Aspettano il fresco per “andare al mare”.
Il dolore, la sudorazione profusa, la sensazione di mancamento. “Sto male, mi fa male qui”. La mano sul torace e poi la corsa in ambulanza. Corre anche il barelliere verso l’ambulatorio del PS, l’ammalato è “brutto”. Siamo in epoca pre codici, pre triage.
La pressione, la vena, l’ecg: infarto acuto anteriore. Colloquio via interfono con il cardiologo e invio in UTIC.
Aspettando l’ascensore. “Oggi dovevamo partire pe il mare”, dice al medico, l’infermiera gli prende la mano. “Certo adesso dobbiamo curarla, ma sono sicuro che fra qualche giorno porterà sua e moglie e suoi figli al mare”. Il medico gli parla, lo guarda. È lì con lui.
Quante volte ci è capitato di partecipare ad improvvise cesure della vita. Il referto TAC portato con trepidazione al medico di famiglia. Guardare l’espressione del dottore mentre legge per capire se proseguirà nella sua quotidianità o se tutto cambierà.
Ed è su questi momenti relazionali che si misura la qualità vera del medico.
Ma siamo sempre più attratti, e ancora di più i giovani per questioni generazionali di dimestichezza digitale, dalle “meravigliose sorti e progressive” dell’intelligenza artificiale che si affaccia sempre più in termini operativi nella clinica.
John Noseworthy, già direttore della Mayo Clinic, scriveva nel 2019 (NEJM): “Questa relazione, al centro dell’assistenza sanitaria, è stata una costante attraverso culture e secoli, e credo che debba rimanere centrale nella pratica medica anche se la medicina si evolve”.
Il contrasto a COVID-19, anche nei momenti più aggressivi, si è in larga parte basato sulla qualità di questa relazione, divenuta, spesso, l’unica vicinanza al paziente, soprattutto quando non avevamo strumenti efficaci di fronte ad un morbo sconosciuto.
Ma la competenza è un altro prerequisito per fare il dottore. E in questi due anni e più di pandemia tutti ci siamo affidati all’umiltà del metodo scientifico, sempre in progress, ed allo studio.
Si sono resi disponibili, in tempi rapidi ed impensabili, vaccini efficaci.
“Sulla base del nostro modello di adattamento ai decessi per COVID-19 ufficialmente riportati, abbiamo stimato che 18.1 milioni (intervallo credibile 95% [CrI] 17·4–19·7) di decessi dovuti a COVID-19 si sarebbero verificati senza vaccinazioni in tutto il mondo durante il primo anno del programma di vaccinazione COVID-19 (8 dicembre 2020, 8 dicembre 2021). Global impact of the first year of COVID-19 vaccination: a mathematical modelling study. The Lancet Infectious Diseases 23 giugno 2022.”
La campagna vaccinale nel mondo, come era del tutto prevedibile, ha privilegiato i paesi più ricchi.
In Italia e nella nostra provincia è stata di grande successo ed impatto. Per una volta è merito di tutti, e le continue sollecitazioni dell’Ordine a lavorare insieme, come per altro COVID-19 ci ha insegnato nelle fasi più acute, non sono rimaste inascoltate. Ebbene dobbiamo mantenere quello spirito e riflettere (nessuno ha la pallottola d’argento) su come affrontare i prossimi mesi. Solleciteremo in tal senso le istituzioni.
Il virus nelle varianti più recenti di Omicron circola ed è altamente infettivo, se pur, dai dati di letteratura, con una minore morbilità. Sappiamo tutti che la protezione vaccinale contro l’infezione è modesta e scema nel tempo. Siamo tutti stanchi, noi compresi, di restrizioni e tutti speravamo in una convivenza accettabile con la pandemia e che si scivolasse verso l’endemia. Rimangono tanti dubbi. Ci sarà un nuovo vaccino in tempi brevi attivo sulle varianti? Chi dovremo vaccinare? Aspettiamo i risultati delle sperimentazioni in corso.
Ma intanto usiamo la mascherina (FFP2) nei luoghi chiusi o in caso di assembramento.
Il nostro sondaggio, in pubblicazione, tratteggia bene questo tempo triste di pandemia. La comunità medica bresciana ha sofferto, pagando un prezzo alto in termini di disagio fisico e psichico, ma ha risposto con sacrificio e dedizione che qui vanno testimoniati.
Finirà la pandemia, finirà la guerra alle porte, finirà questo tempo della insicurezza e dell’ansia collettiva.
Si apriranno scenari complessi di nuove strabilianti conquiste tecnologiche centrate, come dicevo prima, sull’intelligenza artificiale che faranno un gran bene ai futuri malati.
Ma c’è un elemento costituente, scolpito nella pietra, del nostro lavoro: l’incontro, unico, insostituibile con il malato. Senza questo nessuna innovazione potrà realizzare a pieno tutte le sue potenzialità.
Non ne poteva più.. quanti malati aveva visto. Guardava l’orologio…20 minuti poi finito per oggi.
Un bussare lieve. “E’ la suora..”. “Guardi, è arrivata una cartolina da Rimini indirizzata ai dottori e personale del PS”. “Cari dottori, cari infermieri e personale tutto siamo al mare. Grazie. Il malato con l’infarto di sabato mattina di un mese fa”.
Il nostro è un mestiere bellissimo.