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Notiziario dell'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Brescia – aut. Tribunale di Brescia n. 195/1962

La suora e la bambola

bambola di pezza

L’ho incontrata per la prima volta sei mesi fa; mi è stata portata dalle consorelle per un’anormale inquietudine, un comportamento “sopra le righe”.

Ottant’anni, in convento dall’età di dodici, si era diplomata alle magistrali e poi laureata. Aveva insegnato alle elementari per qualche anno e poi lasciato la scuola per dedicarsi alla vita dell’ordine. Era stata una madre superiora amata e rispettata in almeno cinque grosse comunità religiose sparse in tutt’Italia, ricoprendo nello stesso tempo incarichi importanti nel consiglio dell’ordine.

Era arrivata da pochi mesi nella residenza di suore pensionate dove ora viveva; a detta delle consorelle aveva faticato a integrarsi e male accettato la convivenza con persone fisicamente e psichicamente compromesse.

Di quella prima visita mi colpiscono la distraibilità e la produzione verbale irrefrenabile e ricordo riferimenti e inequivocabili tratti paranoidei; chi l’accompagna riferisce instancabilità e insonnia; programmo accertamenti per escludere una malattia fisica. Prescrivo un sedativo, l’avrei rivista a esami effettuati.

La settimana successiva mi dicono che ha dovuto essere ricoverata in reparto di psichiatria per agitazione e eccitazione ingovernabili.

Dopo un mese la rivedo, la trovo allettata, “indementita”, incapace di pronunciare parole comprensibili. Il trattamento antipsicotico è ora indubbiamente eccessivo; può essere modificato, ridotto, adattato all’età e alle condizioni contingenti. Così avviene e infatti lo stato mentale progressivamente “riprende”.

Ieri sono andato a farle visita nella sua stanza; era seduta su una sedia a rotelle con in braccio una bambola di pezza, che qualcuno le aveva portato (una giovane infermiera fresca di “doll therapy”? una vecchia suora dal cuore consumato da anni di attenta carità?).

Appena entro ho l’impressione che mi riconosca, certamente comprende il mio ruolo.

Alla domanda “come sta?”, accenna a un sorriso, poi con sguardo materno guarda il fantoccio che ha in braccio e poi ancora me.

“E’ molto bella vero dottore? Non sembra una bambola?”.

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