La “badante” ha telefonato perché stavolta andassi a visitare anche il fratello. Per quanto ne sapevo non aveva problemi rilevanti, se non una grave riduzione della vista. Quando casualmente lo incontravo era gentile, mi accompagnava al cancello del cortile chiedendo del fratello malato e ringraziando. Sentivo per lui una naturale simpatia, credo reciproca. Il problema doveva essere di nuova insorgenza.
Novant’anni, ex carpentiere e proprietario di una piccola impresa edile ceduta a un nipote. Religiosissimo, la sua vita extra lavorativa aveva ruotato sempre attorno alle attività parrocchiali. Promotore di raccolte fondi parrocchiali per opere di carità, per il restauro dell’organo o di un dipinto della chiesa, organizzatore di pellegrinaggi. La sua fede religiosa era facilmente intuibile dalle immagini sacre alle pareti della sua camera, più simile a un santuario mariano che a una stanza da letto.
Due mesi prima era stato ricoverato in ospedale e dimesso con diagnosi di demenza. In un eccesso di sventurata confidenza aveva raccontato al curante di incontrare frequentemente, di notte, la Madonna. Gli appariva ai piedi del letto. In ospedale era stato trattato con antipsicotici e le “allucinazioni” erano scomparse.
Quando lo incontro ha lo sguardo inespressivo, amimico, ha evidenti segni di parkinsonismo da farmaci. Prima del ricovero era completamente autosufficiente. Sensibile ai frequentissimi difetti sensoriali degli anziani, della documentazione clinica del recente ricovero mi colpisce, oltre alla diagnosi di demenza, anche quella di maculopatia degenerativa (appena laureato avevo diagnosticato e descritto tre casi di allucinazioni visive benigne -illusioni- in ultranovantenni con problemi di vista).
Provo a tentare qualche interpretazione diagnostica, ma ancor più immaginare quello che deve aver provato in questi due mesi: la delusione del tradimento (il medico non solo non aveva apprezzato la confessione, ma l’aveva fatto ricoverare), la perdita dell’autosufficienza (non è più in grado di alzarsi dal letto) e soprattutto la delusione di non poter più godere della gioia di incontrare la Madonna che aveva pregato tutta la vita.
È rallentato, ma non cognitivamente compromesso. Lo visito e, fatta uscire la badante dalla stanza, gli chiedo se può raccontare. Il mio affettuoso interesse lo aiuta a rompere gli indugi e in dettaglio descrive gli incontri con “Maria, madre di Dio”. Nel racconto gli occhi si riempiono di gioia.
Provo a modificare la terapia. Lo rivedo dopo due settimane. È in miglioramento, ora si alza anche autonomamente dal letto. Mi ringrazia, e appena siamo soli con giri di parole fa capire che sono tornate le visite notturne, è felice.
Lo saluto con una complice stretta di mano: stavolta il segreto deve rimanere tale.